I miei articoli

Gli articoli proposti sono stati pubblicati su www.slapussavia.com dal 2009 ad oggi, all’interno della mia rubrica “L’alfabeto della sla”.

 

 

Sommario.

 

  •       A -Assistenza
  •       B-Broncoaspirazione, bulbare
  •       C-Comunicazione
  •       D-Diagnosi, dimissioni protette
  •        F-Famiglia
  •        I-Insufficienza respiratoria
  •       M-Malattie del motoneurone
  •       N-Nutrizione
  •       S-Sperimentazione clinica

 

A - Assistenza

L’assistenza, in particolare nel malato di sclerosi laterale amiotrofica, riveste un ruolo di fondamentale importanza. Mano a mano che la malattia fa il suo decorso, l’individuo ha sempre più bisogno di essere assistito in tutte le sue attività quotidiane. I malati più fortunati sono accuditi in famiglia, magari con il supporto di progetti di assistenza domiciliare finanziati da regioni per la parte che riguarda l’assistenza generica e dalle Asl di competenza per la parte prettamente medico-sanitaria. In questo modo è possibile evitare, o comunque, limitare ricoveri di lunga degenza e mantenere il malato all’interno della propria abitazione, circondato dall’affetto dei suoi cari, favorendo, così, per lui una migliore qualità della vita. Nelle migliori delle ipotesi, si ha la possibilità di visite periodiche domiciliari specialistiche da medici Asl per i cambi della PEG, della cannula tracheale e quant’altro. Va detto, che l’assistenza domiciliare costituisce una forte riduzione di spesa per la sanità pubblica. Questo approccio assistenziale, in Italia, è relativamente recente e ad oggi sono non poche le differenze quantitative e qualitative nell’erogazione delle cure domiciliari:  non solo tra una regione e l’altra del territorio nazionale ma anche all’interno di una stessa regione se ci si sposta da un distretto sanitario ad un altro.

 

Possiamo asserire che l’assistenza è di tre tipi:

 

generica: affidata per lo più alla famiglia, badanti e/o OSS.

 

specifica: il paziente ha necessità, specialmente in fase avanzata, di interventi medici specialistici ed infermieristici.

 

emozionale: in realtà questo tipo di assistenza dovrebbe essere complementare e presente nelle due precedenti tipologie. Fare assistenza ad un malato, non necessariamente di sla, non significa solamente aiutarlo negli atti quotidiani e/o eseguire su di lui le diverse procedure medico-infermieristiche. Fare assistenza vuol dire, essere compassionevole, gioire e piangere con lui, trasmettergli fiducia e coraggio per poter andare avanti ora dopo ora, giorno dopo giorno. Solo così il malato può sentirsi ancora un individuo e continuare a coltivare le sue passioni, per quanto possibile. Ma soprattutto, assistere chi sta male, significa fare in modo che mai si spenga in lui la voglia di vivere.

 

A chi rivolgersi:

 

Per ottenere l’intervento di operatori domiciliari per l’assistenza di tipo generico ci si può rivolgere presso l’ufficio dei servizi sociali del proprio comune di residenza. Per quanto attiene l’attivazione dell’assistenza domiciliare integrata (aspetto medico-sanitario), dovrebbe farne richiesta il medico di medicina generale o in mancanza, il familiare, presso l’ASL di competenza territoriale.

È buona norma visitare i siti ufficiali del comune, della regione e della ASL di appartenenza, nonché i siti di associazioni per i disabili e per la sclerosi laterale amiotrofica, nei quali è possibile accedere ad informazioni utili su tutti i sussidi previsti.

 

B.M.

 

settembre 2009

 

 

 

 

 

B - Broncoaspirazione, bulbare

Broncoaspirazione

La broncoaspirazione è una manovra invasiva posta in essere al fine di ripristinare la pervietà delle vie aeree liberandole dal muco. Difatti, la presenza di secrezioni può compromettere l’attività respiratoria nel paziente al punto tale da metterne in serio pericolo la vita. Pertanto,  essa rappresenta un atto “salvavita”. Viene eseguita tramite l’inserimento di un sondino, collegato ad una fonte aspirante, in una via naturale (bocca o naso) o artificiale (cannula) quando il malato è tracheostomizzato.
L’aspirazione in trachea, tuttoggi, nel nostro paese, è riservata al personale sanitario, ma considerando il fatto che la maggior parte di tali pazienti, fortunatamente, è seguito a domicilio e, che non vi è possibilità di avere un infermiere professionale 24 ore su 24, questa viene eseguita dal care-giver (familiare o assistente) più volte durante l’arco della giornata.
I familiari o, comunque, l’assistente che dovranno seguire il malato a domicilio, devono essere formati ed informati dal personale dell’unità ospedaliera presso la quale il malato è ricoverato per la tracheotomia, sul come, sul quando, ed in che modalità intervenire in caso di secrezioni.
Senza entrare nel merito circa le modalità di aspirazione, qui preme sottolineare che è opportuno, prima di eseguirla, lavarsi bene le mani ed utilizzare guanti e sondino sterili ogni volta che si procede. Tutto ciò, al fine di limitare al massimo le probabilità che il paziente venga a contatto con agenti patogeni, fonti di possibili infezioni.
Inoltre, è bene procedere ad un controllo periodico del funzionamento sia dell’aspiratore principale che di quello di riserva, così da garantire l’efficienza dei macchinari dalla quale dipende, in fin dei conti, la vita del malato.
 
 
Bulbare
 
Forma di sclerosi laterale amiotrofica nella quale vengono colpiti i motoneuroni localizzati nella regione bulbare del tronco cerebrale che controllano i muscoli della masticazione, della deglutizione e della parola. Circa il 25% dei casi di SLA sono ad esordio bulbare. Questi pazienti, all'inizio, notano difficoltà nell' articolare la parola e le frasi (disartria) sino ad arrivare alla perdita della comunicazione verbale (anartria). Può anche essere presente un problema di motilità delle corde vocali che determina a volte disfonia. E’, inoltre, presente una crescente difficoltà a deglutire liquidi, solidi o entrambi (disfagia). La lingua può presentarsi atrofica, e con fascicolazioni in seguito all' interessamento del XII nervo cranico. Spesso si assiste ad una facile stancabilità dei muscoli della masticazione che insieme alla disfagia si traduce in dimagrimento e malnutrizione. A questo punto, al paziente, solitamente, viene consigliato l’impianto di PEG, un sondino posto nello stomaco per poter essere alimentati.
 
B.M.
 
novembre 2009

 

 

 

C - Comunicare

Nel numero precedente, in riferimento alla forma bulbare della s.l.a., si parlò di disartria (difficoltà nella articolazione di parole e frasi) e anartria (perdita completa della parola).

In effetti, la perdita della capacità comunicativa nel malato di sla è una delle sue paure più presenti ed angoscianti.

La comunicazione, (dal latino cum = con, e munire = legare, costruire e dal latino communico = mettere in comune, far partecipe), è tra le attività umane, forse, la più importante. Essa sta alla base dei rapporti umani, ed assume valenze diverse a seconda dei contesti.

L’uomo, fin dall’antichità, ha cercato di comunicare, strutturando lingue più o meno evolute.

E’ intuibile, perciò, il disagio di una persona di fronte all'impossibilità di parlare, di interagire con il mondo per condividerne pensieri, sentimenti, ed esprimere, altresì, esigenze personali. Allo stesso modo, appare complicato, per il resto del mondo rapportarsi ad un malato “muto”. Capita che alcune persone di fronte a malati di questo tipo, restino intimorite; c’è, inoltre, chi erroneamente, associa l’incapacità comunicativa del soggetto ad una incapacità di intendere e volere.

Allora, che fare per abbattere queste barriere?

Innanzitutto, va ricordato che la comunicazione si esplica su due piani: comunicazione verbale, composta da suoni e parole, comunicazione non verbale costituita dalla gestualità, dalla mimica facciale, dalla modulazione della voce e da tutto ciò inerente il linguaggio del corpo. Al più alto grado di ingravescenza della malattia, corrisponde la perdita di entrambe le modalità comunicative. A fronte della capacità di esprimersi oralmente, la comunicazione non verbale, comunque sempre rilevante, assume un ruolo preminente restando essa stessa il principale veicolo per il malato di rapportarsi ai propri cari ed in genere a tutti coloro che gli stanno attorno a diverso titolo.

Con il passare del tempo, si instaura un rapporto talmente stretto, tale per cui, tra il malato e il suo assistente (familiare, badante, infermiere), basta uno sguardo, un ammiccamento degli occhi, un sorriso, la mimica facciale e tutta una serie di “codici” oserei dire, un vero e proprio linguaggio oscuro agli "estranei", per capirsi. Tutto questo è frutto di un "lavoro" fatto di pazienza, amore e dedizione. Tra i due soggetti, in sostanza, si viene a creare una relazione particolare ed unica, fatta di scambi di sensazioni ed emozioni, che decisamente non è riscontrabile in tutti gli altri rapporti che si coltivano nel quotidiano. Ciò non basta, ovviamente. Ed ecco che esistono degli strumenti che possono rivelarsi molto utili; da una parte,  comunicatori semplici, costruiti anche in casa in modo artigianale, dall’altra apparecchi più complessi e tecnologici.

 

Tra i primi, si annovera l’ETRAN.  Si tratta di uno strumento costituito da un pannello trasparente in plexiglas sul quale sono posizionate lettere e/o numeri, piccole parole (SI/NO), e simboli. Si posiziona il pannello tra l’utente ed il suo interlocutore in modo che ci si possa guardare attraverso. L’interlocutore intuisce dove si dirige e si sofferma lo sguardo dell’utente il quale scegliendo le diverse lettere comporrà prima parole e poi frasi. Non serve molto tempo per acquisire dimestichezza, ma solo un po’ di pazienza e allenamento: si parte piano e poi, a seconda della capacità dei soggetti, si arriva a comunicare abbastanza velocemente.


Per quanto riguarda, i comunicatori tecnologici, ne esistono in commercio di diversi tipi. A seconda di quali siano le capacità residue dell' utilizzatore, si andrà a scegliere quello più adatto.

Tra i comunicatori tecnologici utilizzati dai malati di s.l.a., diffusi sono quelli a scansione oculare.  I comunicatori ad alta tecnologia e a scansione oculare grazie ad una telecamera connessa ad un computer e ad un software, consentono di scrivere, navigare in Internet, leggere, scrivere e spedire e-mail, comandare luci ed apparecchi domestici, e molto altro ancora. Il sistema di utilizzo è simile all’ETRAN: l’utente si trova davanti uno schermo sul quale compare una tastiera; con gli occhi sceglie le lettere una dopo l’altra in modo da comporre parole e infine frasi.
Assegnare, ad un malato, un comunicatore a controllo oculare significa riportarlo alla vita, perchè COMUNICARE è VIVERE.

 

B.M.


gennaio 2010

 

 

 

 

 

D - Diagnosi, dimissioni protette

Diagnosi

 

La sclerosi laterale amiotrofica è una malattia difficile da diagnosticare. Spesso passano mesi dai primi sintomi al riconoscimento della patologia. Ciò deriva dal fatto che ad oggi non esiste alcun marcatore biologico o procedura che possa confermare senza alcun dubbio la diagnosi di sla.

Esistono dei criteri denominati di El Escorial per definire i livelli di certezza diagnostica. A seconda dei segni di compromissione del I e del II motoneurone si classifica: sla sospetta, sla probabile, sla definitiva.

In sostanza, alla diagnosi si giunge attraverso un attento esame clinico, ripetuto nel tempo da parte di un neurologo esperto e una serie di esami diagnostici utili ad escludere altre patologie. È sempre utile un secondo parere neurologico per avere una diagnosi certa.

Tra gli esami diagnostici menzioniamo:

 

  • esami neurofisiologici ossia l’elettromiografia (EMG) e la velocità di conduzione nervosa (VCN);
  • esami del sangue e delle urine al fine di escludere altre malattie infiammatorie, infettive, tumorali, tiroidee e autoimmuni;
  • risonanza magnetica nucleare dell’encefalo e del midollo spinale;
  • rachicentesi o puntura lombare.

 

Dimissioni protette

 

La dimissione protetta è quel processo di passaggio attraverso il quale il paziente viene trasferito dall’ospedale al suo domicilio, nei casi più frequenti, o presso altre strutture residenziali.

Questa tipologia di dimissione riguarda una fascia di pazienti c.d. fragili, affetti da patologie croniche o da limitazioni funzionali e/o disabilità. Si tratta, cioè, di pazienti che hanno comunque bisogno di un’assistenza anche dopo le dimissioni. Pertanto, sarà cura della struttura ospedaliera mettere in atto tutte le procedure per attivare le cure domiciliari che assicurino presso l’alloggio del paziente interventi infermieristici, medici, riabilitativi e socio assistenziali.

Dimissione protetta significa anche valutare che l’ambiente dove andrà a vivere il paziente (la sua abitazione) sia “accogliente” ed “idoneo”. Andranno fatti dei sopralluoghi e degli interventi a domicilio prima che il paziente rientri a casa. A seconda dello stadio e della patologia bisognerà attrezzare l’abitazione di tutti i macchinari necessari alla sopravvivenza del malato: aspiratore broncopolmonare, principale e di riserva, ventilatore polmonare principare e di riserva, bombola di ossigeno, ossimetro ed eventualmente, gruppo di continuità che assicuri l’erogazione di energia elettrica anche in caso di black out imprevisti.

 

B.M.

 

marzo 2010

 

F - Famiglia

La nostra società è sempre più vecchia, la vita media è tra le più alte del mondo a fronte di una natalità vicina allo zero. Si assiste ad un progressivo invecchiamento della popolazione. Ci apprestiamo ad avere sempre più anziani, e con l’età, si sa, aumenta il rischio della perdita dell’autosufficienza, dettato non solo dal decadimento fisico e fisiologico ma anche dalle malattie. Ciò, in una società nella quale non è ancora radicata e diffusa la cultura dell’assistenza domiciliare, intesa come generica e come professionale e specifica. Pertanto, il più delle volte è la famiglia che si deve far carico della cura del proprio congiunto. Quando, poi, tale discorso viene riferito a patologie altamente invalidanti, ad esito infausto e a causa delle quali il malato ha necessità di cure specialistiche come nel caso della sclerosi laterale amiotrofica, il peso che la famiglia deve accollarsi è decisamente più gravoso, non solo in termini prettamente economici ma, anche e soprattutto, in termini umani.

 

 

La famiglia non è solo la semplice sommatoria degli individui che la compongono e che sono legati tra loro da vincoli di sangue o da affinità, ma molto di più. Essa racchiude una ricchezza di esperienze, permeate da sentimenti e relazioni che ne condizionano inevitabilmente lo stile di vita e l’approccio verso gli eventi che la coinvolgono. Questo mix diventa il bagaglio che la famiglia porta con sé e dal quale deve attingere per rispondere a ciò che la vita le riserva nella buona e nella cattiva sorte.

Di fronte ad una diagnosi di sla, l’individuo e la sua famiglia reagiscono con ciò che possiedono. Inevitabili, saranno lo sconforto, lo smarrimento, la disperazione, il senso di impotenza e talvolta la rabbia, di fronte a ciò che viene percepito come destino crudele ed ingiusto. Poi, ovviamente, non per tutti, purtroppo, scattano dei meccanismi di reazione. Ci sono i credenti che si appoggiano alla fede in Dio, gli altri, invece, ripongono le loro speranze e la loro fiducia nell’uomo e nella ricerca scientifica.


La sla mette “disordine” nella vita di tutta la famiglia. La malattia si spalma su di essa e in maniera  sempre più consistente e pressante mano a mano che essa si fa strada nell’individuo. Questo “disordine”, corrisponde ad uno stato psicologico ma anche pratico. Spesso, si assiste a capovolgimenti di ruoli all’interno della famiglia, ci si deve reinventare, a volte si è costretti a rinunciare al lavoro e ad una propria vita affettiva, specie nei contesti nei quali le istituzioni, non sono presenti o comunque intervengono in maniera ancora insufficiente. La famiglia vive un disagio complesso; disagio che non viene meno anche quando è assicurata un minimo di assistenza. Avere un malato a casa, di un certo tipo, significa, anche, rinunciare ai propri spazi e alla propria riservatezza. La casa viene inevitabilmente trasformata in una “succursale” ospedaliera, con tanto di apparecchiature elettromedicali di ogni sorta, presidi medici, ed operatori socio-assistenziali e sanitari che bussano alla porta ad “ogni ora”. Inoltre, si lotta quotidianamente per ottenere quanto sulla carta è garantito: la burocrazia è l’altro grande nemico delle famiglie “malate” di sla ed altre patologie simili.


La famiglia, nel bene e nel male, è investita da un ruolo fondamentale in rapporto alle scelte alle quali il  malato è chiamato durante il progredire inesorabile della malattia. Scelte condizionate, sia dalla presenza di una famiglia amorevole, ma anche e soprattutto dalla presenza od assenza delle istituzioni nonchè dalla accezione che ognuno ha della vita.

In generale, la famiglia sla organizza la sua vita intorno alle esigenze del congiunto mettendo da parte le proprie. Questo spirito di dedizione può avere conseguenze sulla salute del o dei familiari care-givers. Il malato, nei casi più fortunati può contare su chi lo assiste, ma chi pensa alla famiglia? Ad ammalarsi non è il singolo ma tutta la sua famiglia.


Ultimamente, si discute in parlamento una legge sulle DAT (Dichiarazioni Anticipate di Trattamento), il c.d. testamento biologico. Al pari, si auspica, però, un’attenzione maggiore sulle carenze assistenziali, in modo da migliorare e rendere dignitosa la vita dei malati e delle loro famiglie.

 

B.M.

 

maggio 2010

 

 

 

 

 

I - Insufficienza respiratoria

Senza dubbio si tratta di uno degli eventi, o meglio delle complicanze cliniche della sla, che più spaventa il malato e chi gli sta vicino. Questa può essere ricondotta a tre principali fattori:

 

  • debolezza dei muscoli respiratori;
  • inefficacia della tosse con conseguenza di accumulo di secrezione nelle vie respiratorie;
  • paralisi bulbare.

 

Nella maggior parte dei casi, si verifica a stadi avanzati, ma ciò non esclude il suo presentarsi anche molto prima. La sla è una malattia che, sappiamo essere, un po’ “imprevedibile” e che non segue uno schema preciso e ripetibile su tutti i pazienti, sia per quanto riguarda il suo esordio, sia per quanto attiene il suo evolversi.

Per questo è utile sottoporsi periodicamente a controlli.

 

Emogasanalisi. Rileva la pressione di ossigeno e di anidride carbonica nel sangue.

Spirometria. Misura la capacità vitale forzata, fornendo una serie di dati che indicano, oltre alla capacità del polmone, anche la pervietà dei bronchi.

Alcune volte, viene consigliato anche un esame più complesso, la polisonnografia, per registrare l’attività respiratoria durante il sonno.

L’insufficienza respiratoria, raramente si manifesta come un evento acuto. Nella maggior parte dei casi, infatti, agisce in modo subdolo. Ciò che si può fare è stare attenti ad alcuni campanelli d’allarme dell’organismo: tali sono, la cefalea al risveglio, la sonnolenza diurna, la sensazione di fame d’aria dopo uno sforzo e la tachicardia.

In insufficienza respiratoria si rileva: ipercapnia, cioè un aumento della concentrazione di anidride carbonica nel sangue; ipossiemia, vale a dire una diminuzione della pressione dell’ossigeno nel sangue. Sia ipercapnia che ipossiemia sono la conseguenza dell’ipoventilazione, ossia di una riduzione del numero e/o della profondità degli atti respiratori.

Come si procede in caso di insufficienza respiratoria?

Se la situazione è ancora di gravità lieve è consigliabile eseguire ginnastica respiratoria, smettere di fumare, eventualmente, calare di peso e limitare l’affaticamento. Nei casi più “importanti”, quando subentrano, anche, problemi di ostruzione delle vie respiratorie, si può pensare all’assunzione di farmaci, all’aspirazione meccanica delle secrezioni ed eventualmente, ad iniziare la ventilazione meccanica.

Quando anche la ventilazione non invasiva appare inefficace, allora, l’unica soluzione possibile, per poter proseguire la propria vita, è sottoporsi alla tracheotomia.

 

B.M.

 

luglio 2010

 

 

 

 

 

M - Malattie del motoneurone

La sla fa parte della famiglia delle malattie del motoneurone. A dirla tutta, è la patologia più grave tra queste.

Ma cos’è il motoneurone e prima di tutto cos’è un neurone?

Il neurone è un tipo di cellula, più precisamente trattasi di una cellula nervosa. Esistono diverse tipologie di neuroni a seconda delle funzioni alle quali essi sono preposti. Alcuni neuroni sovrintendono alla memoria e alle facoltà cognitive, altri a quelle sensoriali, pensiamo al gusto, all’olfatto, alla vista, all’udito e al tatto. Altri ancora sono preposti all’attività motoria dei muscoli volontari: i c.d. motoneuroni.

I motoneuroni si distinguono in due gruppi:

 

1° motoneurone (motoneurone centrale o motoneurone corticale) che si trova nella corteccia cerebrale e trasporta il segnale nervoso attraverso prolungamenti che dal cervello arrivano al midollo spinale;

 

2° motoneurone (motoneurone periferico o motoneurone spinale) si trova a livello del tronco encefalo e del midollo spinale. È formato dalle cellule nervose che trasportano il segnale dal midollo spinale ai muscoli.

 

Le malattie che vengono genericamente indicate come Malattie del Motoneurone (MdM) causano una progressiva debolezza e atrofia (dimagrimento) dei muscoli. Quando viene danneggiato solo il motoneurone corticale (primo motoneurone) si parla di Sclerosi Laterale Primaria. Quando viene coinvolto solo il motoneurone spinale (secondo motoneurone) si ha l’Atrofia Muscolare Spinale o Atrofia Muscolare Progressiva. Nel caso della Sclerosi Laterale Amiotrofica si ha la morte progressiva sia del primo che del secondo motoneurone.

 

I disturbi manifestati dai pazienti variano a seconda della parte del corpo colpita dalla degenerazione moto neuronale. In genere, la mancanza di forza è il primo sintomo: ciò si traduce in debolezza nelle mani, nelle gambe, nelle braccia oppure in difficoltà a parlare o deglutire. Altri segnali iniziali sono i crampi muscolari, soprattutto notturni; e le fascicolazioni, cioè quelle contrazioni spontanee delle fibre muscolari e che visibili si mostrano sotto forma di guizzi sottocutanei. L’evoluzione della malattia è variabile a seconda della forma clinica: al momento è impossibile, per ciascun singolo paziente, prevedere con certezza in che modo progredirà la malattia. È dunque impossibile formulare una prognosi precisa relativamente all’evoluzione dell’autonomia motoria .

 

B.M.

 

settembre 2010

 

 

 

N - Nutrizione

Nei pazienti sla assume un ruolo fondamentale la nutrizione, poiché prima o poi essi  vanno incontro a perdita di peso per la difficoltà a deglutire (disfagia) e per la perdita delle masse muscolari. Da ciò deriva l’importanza per il paziente di essere seguito fin dalla diagnosi da un esperto in nutrizione che valuterà via via nel corso del tempo, lo stato nutrizionale del soggetto e di conseguenza la dieta più adatta a lui.

I primi tempi, quando ancora non si riscontrano problemi di deglutizione sarà sufficiente stabilire con il proprio medico una dieta adeguata alle condizioni fisiche. Quando insorgono le prime difficoltà, riscontrabili solitamente al principio con i liquidi, si consiglia l’assunzione di bevande più dense come i succhi di frutta. Esistono in commercio anche degli addensanti da aggiungere ai liquidi per renderli assumibili senza problemi.

Quando le difficoltà aumentano, e questi piccoli accorgimenti non sono più sufficienti allora si comincia a parlare di nutrizione artificiale.

Esistono due tipi di nutrizioni artificiali.

La nutrizione  parentale e la nutrizione enterale. La prima consiste nella somministrazione di sostanze nutritive per via venosa. In sostanza viene posizionato un catetere venoso in una grossa vena e da lì si fanno passare dei preparati che contengono tutte le sostanze del quale l’organismo ha bisogno. La nutrizione parentale però, ha il “difetto” che richiede personale specializzato per la sua esecuzione e pertanto non appare come una soluzione definitiva per risolvere i problemi inerenti all’alimentazione nel malato di sla.

La nutrizione enterale invece può essere eseguita secondo due modalità.

La prima prevede l’utilizzo di un sondino nasograstrico attraverso il quale far passare le sostanze nutritive e condurle direttamente allo stomaco. Si tratta però di una soluzione che spesso presenta degli inconvenienti poiché i pazienti tollerano poco tale modalità. Da non sottovalutare, inoltre complicanze ad esso connesse, come lesioni da decubito, polmoniti da aspirazione ecc.

La modalità adottata, invece, più frequentemente nei malati di sla è la nutrizione via peg. In sostanza, si sottopone il paziente ad un piccolo intervento nel quale viene posizionato un sondino PEG (Gastrostomia Endoscopica Percutanea) nello stomaco. Si tratta di un catetere che fuoriesce esternamente per circa 12 cm e attraverso il quale vengono somministrati i preparati farmaceutici e le medicine.

 

B.M.

 

novembre 2010

 

 

 

 

S - Sperimentazione clinica

La nascita di un farmaco

Il processo che porta alla nascita di un nuovo farmaco, cioè dall’individuazione in laboratorio di nuove molecole (ricavate per sintesi chimica od estrazione), alla disponibilità in farmacia è lungo e costoso. Copre, in effetti, un arco temporale di 10-12 anni.

Sostanzialmente possiamo dire che tale processo è suddivisibile in quattro fasi più un’altra successiva all’ immissione del farmaco sul mercato

 

Fase 0 o pre-fase

 

Questa fase interessa un arco temporale di due o tre anni e rappresenta il 30% dell’investimento totale.

In laboratorio, come su detto, vengono isolate nuove molecole. Si studia una loro possibilità di impiego terapeutico individuando l’area patologica verso la quale possono esplicare una loro utile funzione. Successivamente, si apre la sperimentazione delle molecole sugli animali per valutare, in particolare due aspetti. Studiare gli effetti del farmaco sull’organismo e gli effetti dell'organismo sul farmaco, ossia i processi che condizionano il raggiungimento ed il mantenimento di un'adeguata concentrazione dei farmaci nei vari compartimenti.

Sempre in tale ambito si controlla la tossicità: sia quella acuta e cioè direttamente connessa all’assunzione del farmaco, sia quella cronica ovvero quella derivante dall’uso protratto del farmaco e i cui effetti si vedono sul lungo termine.

Le molecole che superano questa fase e previa autorizzazione del Ministero della Salute, accedono alla fase 1.

 

Fase 1

 

Si apre la sperimentazione sull’uomo. Si tratta però di una sperimentazione di valore conoscitivo e non terapeutico. Infatti, accedono a questa dai 20 ai 50 volontari sani che verranno suddivisi in due o tre gruppi e ai quali verrà somministrata una certa dose del farmaco, sotto stretto controllo medico, il tutto condotto in ambito ospedaliero.

Si dibatte un po’ sull’opportunità di provare dei farmaci su soggetti sani. Questo sembra andare in contrasto con il principio etico di “evitare trattamenti inutili e dannosi”. Anche per questo motivo, i volontari firmano un consenso informato.

Solo con riferimento a certe patologie (cancro per es.) si decide di reclutarne i malati poiché solitamente si tratta di terapie aggressive che eticamente non è giusto applicare sui sani e che se vanno a buon fine possono risultare positive per il malato che ne trae fin da subito beneficio.

 

Fase 2

 

A questo punto viene coinvolto un numero più elevato di soggetti che hanno la patologia di riferimento della molecola. Questa fase serve a stabilire il dosaggio giusto e la durata del trattamento. Allo stesso tempo, si farà tesoro di tutte le altre informazioni che la sperimentazione fornirà anche in termini di sicurezza e tollerabilità della terapia. Questa fase ha una durata di circa due anni.

 

Fase 3

 

La sperimentazione viene allargata ad un centinaio di pazienti che vengono randomizzati e ai quali verrà somministrato il principio attivo in studio o quello d’elezione.

Questa è forse la fase più importante. Il farmaco deve soddisfare un ampio ventaglio di requisiti e ciò richiede un arco temporale che abbraccia alcuni anni.

Lo studio clinico randomizzato, tra l’altro, comporta che lo sperimentatore recluti la popolazione in base a dei requisiti, suddivida i soggetti coinvolti in due gruppi: un gruppo al quale viene somministrato il farmaco e un altro gruppo detto di controllo, al quale viene somministrato un trattamento diverso (nessun farmaco, un farmaco diverso, o un placebo). Quando è possibile si procede con il metodo del “doppio cieco”, né il ricercatore, né i soggetti coinvolti sono a conoscenza del trattamento assegnato. Tutto ciò per evitare che i soggetti coinvolti alterino i loro comportamenti in funzione del farmaco assegnato e allo stesso tempo che gli operatori che valutano i pazienti non siano influenzati.

 

Nel momento in cui l’azienda farmaceutica accerta che il nuovo farmaco è efficace chiede l’Autorizzazione all’Immissione in Commercio (A.I.C.) al Ministero della Salute, presentando tutta la documentazione relativa agli studi fatti.

 

Fase 4

 

Il farmaco è in commercio. E’ stato testato su centinaia di pazienti ma questo non è sufficiente per valutarne in pieno tutti i possibili effetti collaterali che vanno rilevati su una popolazione più ampia. Il farmaco, pertanto, viene sottoposto a farmacovigilanza che serve come detto a far emergere eventuali azioni sfavorevoli, che il più sono rappresentati dai casi clinici. E’ compito dei medici segnalare eventuali effetti collaterali che i pazienti subiscono relativamente all’assunzione del farmaco.

 

B.M.

 

gennaio 2011

 

 

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